dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
La simbologia della Camelia
dalla Marguerite di Dumas alla Violetta di Verdi
E’ singolare il fatto che le due opere che hanno reso celebre la camelia im letteratura e musica, La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio e La traviata di Piave/Verdi abbiano cambiato il nome della protagonista che ama le camelia in due nomi di fiori: Marguerite (Dumas), simbolo di semplicità, innocenza, spontaneità, bontà, freschezza e purezza; e Violetta (Piave/Verdi), simbolo di umiltà e modestia.
In Francia l’attenzione per la camelia, fiore dell’Estremo Oriente dove è è il simbolo della devozione eterna tra gli innamorati, si colloca nel generale clima di interesse per le manifestazioni culturali della Cina e del Giappone, a cui diedero tanto impulso i fratelli Edmond e Jules de Goncourt sulla metà dell’Ottocento, anche se la prima a far conoscere le camelie alle signore della buona società parigina era stata l’imperatrice Giuseppina, che ne aveva alcuni esemplari a fiore semplice.
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Le camelie erano il fiore preferito e inseparabile di Marguerite Gautier, la prostituta di lusso francese protagonista del romanzo La signora delle camelie (La Dame aux camélias) scritto nel 1848 da Alexandre Dumas figlio ispirandosi alla triste storia della sua amante, Marie Duplessis (Alphonsine Plessis), conosciuta nel 1844 e deceduta tisica, tre anni dopo, all’età di ventitré anni. Il dramma d’amore contrastato e ad epilogo funesto tra Marguerite, malata di tubercolosi, e il giovane borghese Armand Duval commosse i lettori diventando immediatamente un successo. Dumas lo traspose in una versione teatrale, che andò in scena per la prima volta a Parigi nel 1852, con il ruolo principale affidato alla celebre Sara Berhnardt, che lo replicò a Londra, lungamente a Broadway e che interpretò anche il film dal titolo omonimo nel 1911. In seguito fu riproposto in innumerevoli edizioni nei teatri mondiali con attrici famose, come Eleonora Duse.
A sua volta, Francesco Maria Piave trasse ispirazione dal romanzo per scrivere il libretto de La Traviata (1853), melodramma in tre atti magistralmente musicato da Giuseppe Verdi, con i protagonisti rinominati Violetta Valéry e Alfredo Germont. All’inizio di quest’opera lirica, Violetta porge una camelia (il suo fiore preferito) ad Alfredo in risposta alla sua dichiarazione d’amore, poi i due si rivedranno quando sarà appassita. La storia del romanzo di Dumas venne ripresa in balletti – tra i quali Marguerite et Armand di Frederick Ashton per Rudolf Nureyev e Margot Fonteyn, nel 1963 – e opere televisive, ma soprattutto fu oggetto di circa una ventina di adattamenti in versione cinematografica in numerosi Paesi e diverse lingue. Dopo il primo film per la regia di Viggo Larsen nel 1907, tra gli altri è rimasta memorabile l’interpretazione della coppia dei protagonisti Greta Garbo e Robert Taylor nella pellicola cinematografica Il romanzo di Marguerite Gautier (Camilla) con la regia di George Cukor, nel 1936, ma sono da menzionare anche La Signora delle camelie (1953) diretta da Michelangelo Antonioni con Lucia Bosè e Gino Cervi, e il libero adattamento Moulin Rouge! (2001) di Baz Luhrmann, con Nicole Kidman ed Ewan Mc Gregor.
La simbologia della camelia nell’opera di Piave/Verdi è intrecciata strettamente a quella della tisi di cui è affetta la protagonista.
In Italia le prime camelie furono messe a dimora verso il 1760 nel parco della Villa Reale di Caserta, per desiderio della regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena. Anche la vicenda di Margherite Gautier divenne molto popolare da noi, soprattutto in quanto ripresa nella Violetta, protagonista della Traviata (1853), melodramma musicato da Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave. Qui però non si fa riferimento a nessun fiore specifico.
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Nell’Ottocento la camelia divenne il fiore prediletto dall’aristocrazia e dall’alta borghesia europea, elemento di eleganza soprattutto maschile, più moderno rispetto al garofano. Nel linguaggio segreto dei fiori, il sélam, così importante nella seconda metà del secolo scorso, la camelia assunse “una generica accezione peccaminosa, ma anche il significato di costanza e perseveranza.
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Nelle opere letterarie successive la camelia vive sia come fiore reciso, di cui si nota soprattutto l’essere privo di profumo, sia come albero, che conferisce una nota di gradevolezza a paesaggi anche diversi e lontani tra di loro. In altre invece si inserisce la camelia, probabilmente per il suo colore bianco e per i riverberi di disfacimento mortuario che le derivano dalle opere di Dumas, in un contesto macabro–funebre, in linea con gli atteggiamenti più di rottura del gusto scapigliato:
"Questa bianca camelia artificiale,
prima d’ssere un fiore fu un cero di funerale."
La festa e l'alcova
Emilio Praga - in Penombre - 1864
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Varie e diversificate sono le presenze letterarie della camelia nella produzione letteraria italiana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nostro secolo.
Gli usi letterari che si fanno della camelia sono però prevalentemente in rapporto al suo colore bianco o rosso, per cui diventa elemento di comparazione per il bianco in Alfredo Oriani, che, con pochi tocchi, ritrae Ada di diciott'anni: il paragone con la camelia conferisce al breve ritratto della giovane donna un che di elegante, di delicato, quasi un tocco di raffinatezza,
“ … alta, flessibile, bianca come una camelia, bionda, cogli occhi neri”.
La Disfatta
Afredo Oriani - 1896
Nei versi di Ada Negri invece, il paragone del pallore del viso con la camelia ci riporta a qualcosa di malato, ad un preludio di morte:
"La lampada velai, ché il lume agli occhi
non la ferisca. Come lunga l’ombra
delle ciglia sul viso! Come immoto
il viso, bianco … una camelia bianca"
Donata dorme
Ada Negri - in Vespertina - 1930
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Nella produzione letteraria successiva la camelia non comparirà più, tra gli autori della più rilevante tradizione novecentesca. Forse perché la camelia, troppo carica di eredità ottocentesche finisce per entrare nel novero delle gozzaniane “buone cose di pessimo gusto”, anche per la sua costante presenza tra i fiori artificiali di seta, proprio per la facilità di riproduzione che la sua configurazione regolarmente compatta consentiva.
Ad inizio '900, in consonanza con il gusto liberty, tendono ad affermarsi altri fiori dalle linee più mosse e frastagliate (iris, lillà, glicine), ma, soprattutto in Francia, con il crescere dell’attenzione nei confronti dell’opera di Marcel Proust, si impone la cattleya (tipo particolarmente elegante di orchidea), come fiore che porta l’immaginazione ad una sfera amoroso–sensuale. Dobbiamo poi anche considerare che tutti i poeti del nostro secolo tendono ad una presenza sobria e misurata dei fiori nei loro testi, proprio per il carattere stesso della loro poetica che li porta a prendere le distanze dalla più usurata maniera romantica ottocentesca che tendeva a stabilire una troppo scontata e semplicistica identità tra la poesia e il fiore, di per sé un elemento di poeticità.