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dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
Joseph Conrad - "Il negro del Narciso"
Joseph Conrad, nato Konrad nel 1857 in Polonia a Berdicev, oggi Ucraina, è considerato uno dei maestri del romanzo e una delle maggiori figure della transizione dalla narrativa vittoriana alle forme della letteratura novecentesca. Cominciò a navigare all’età di 17 anni, diventò Capitano di Lungo Corso a 29 anni, poi all’età di 37 anni lasciò il mare e si dedicò alla scrittura.
Nei suoi romanzi il mare ha sempre una doppia valenza: da una parte, un’immensità acquosa solcata da navi d’ogni tipo circondata di porti e di terre esotiche e dall’altra, spazio isolato, all’interno del quale i conflitti spirituali raggiungono posizioni estreme. In realtà “Il negro del Narciso”, pubblicato nel 1897, è un’allegoria sul tema della solidarietà e dell’isolamento: il microcosmo della nave, con le sue dinamiche oscillanti tra la condivisione e il gioco di potere, è chiaramente una proiezione simbolica, in scala ridotta, della società umana. Una storia di mare, quindi, ma soprattutto uno studio di psicologia collettiva, un’indagine sulla natura dell’uomo, un’ipotesi poetica sul suo destino.
Il romanzo è anche autobiografico in quanto lo stesso Conrad navigò personalmente su questo veliero tra Bombay e Londra nel 1883.
La traversata del "Narciso" inizia tranquilla, ma ben presto si scopre che Jimmy Wait, un marinaio di colore, ha la tubercolosi polmonare che lo rende del tutto incapace di lavorare. La sua malattia peggiora giorno dopo giorno, così come peggiorano, con l'approssimarsi della nave al Capo di Buona Speranza, il tempo e il mare. Quando la tempesta si scatena in tutta la sua violenza, le condizioni di Jimmy si aggravano. La descrizione della tempesta raggiunge la grandiosità della poesia omerica, ma la tempesta non è soltanto sul mare ma è anche nel cuore degli uomini che sono a bordo.
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Il Narciso rappresenta, in scala ridotta, un estratto della società umana, o meglio, della visione che di essa aveva Conrad. La malattia porta Jimmy a ricevere le attenzioni di molti dei membri dell’equipaggio, alcuni dei quali lo salvano a rischio della loro vita durante la devastante tempesta, e a subire l’indifferenza di altri, tra cui il Capitano Alistoun, i suoi ufficiali, il vecchio e rodato marinaio Singleton, completamente concentrato sulle proprie mansioni sulla nave, ed il vile, sovversivo ed egoista Donkin, il sudicio e zoppo Knowles. Le reazioni opposte nei membri dell’equipaggio, sconvolgono l’ordine della nave, fino a un tentativo di ammutinamento.
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La furia del mare non prevarrà sulla nave che si salverà per l’ardimento del Capitano Allistoun che, non cedendo alla tempesta nemmeno nelle condizioni più critiche, con la sua presenza, con i suoi ordini, il suo coraggio, spinge ogni uomo a compiere il proprio dovere, a impegnarsi per la salvezza di tutti e nello stesso tempo a riconsiderare la banalità della propria esistenza. Termina la tempesta e termina la vita di Jimmy,con una morte banale e con un ultimo sberleffo quando il suo cadavere avvolto nel lenzuolo funebre rifiuta di scivolare in mare.
Tutto il romanzo è percorso dal senso funesto, ferale della malattia con la sua carica di mistero e ineluttabile destino che giorno dopo giorno grava sulla ciurma. Attorno a Wait ruota la vita di bordo tra discussioni, contrasti, sospetti e speranze. E lui, nonostante la solidarietà e l’aiuto concreto dei compagni non ha una parola di riconoscenza né un gesto di gratitudine. Fa pesare la presenza del suo male, tanto da ammutolirli e trattenerli da cantare, suonare e fare un po’ di baldoria come abitudine nelle traversate marine.
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“Non ve ne importa proprio niente di un moribondo! Morirò presto. La mia fine arriverà in fretta, e come ! Non lo vedete che sono un uomo moribondo. Io lo so. ….. Sono i polmoni, se ne stanno andando. O se ne sono già andati!”
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Lo scrittore è un marinaio che descrive i segni grossolani della malattia e della sua inarrestabile avanzata. Descrive la tosse, squassante e ostinata, sempre più frequente con il passare di giorni; la progressiva perdita di forze che costringono Jimmy a stare rannicchiato nella cuccetta rifiutando cibo e medicine. Il corpo di giorno in giorno dimagrisce e si assottiglia …
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“... come se la carne gli fosse raggrinzita sulle ossa”.
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“Non pesa più di un barile vuoto di carne di bue”.
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“Stava diventando immateriale come un’apparizione; gli zigomi si facevano sempre più sporgenti, la fronte più obliqua; la faccia era tutta un incavo, tutta chiazze d’ombra e la testa scarna pareva un nero teschio dissotterrato con due irrequieti globi d’argento nelle orbite”.
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Conrad, romanziere dalla genialità espressiva, ci dà una descrizione articolata e puntuale della psiche di un tisico, complessa e incomprensibile su cui si sono soffermati molti autorevoli maestri di tisiologia del passato. Figure, ambienti, paesaggi, stati d’animo, situazioni sono illustrati con un linguaggio vigoroso, efficace, a volte quasi violento. La parola “tubercolosi” non è mai citata, ma la sua identificazione è fin troppo evidente; il quadro morboso e le reazioni che esso suscita, sono perfettamente in linea con il pensiero dell’epoca e con gli atteggiamenti esternati dalla gente comune di fronte alla malattia.
Il bizzarro comportamento tenuto da Jimmy, a volte rassegnato, a volte spocchioso, non è affatto incomprensibile: è il comportamento proprio del malato tubercolotico, molto studiato in epoca freudiana al tempo dei primi sanatori, e legato alla complessa psicologia di questi ammalati e ai disturbi della personalità connessi all’azione della malattia sull’equilibrio psichico del soggetto.
Sono comportamenti pienamente colti da Conrad, indice di una esperienza vissuta e di una attenta osservazione, e che delineano il profilo del tubercolotico di fine Ottocento e la sua complessa personalità così ben descritta dai narratori veristi e dai poeti crepuscolari.
Anche l’atmosfera a bordo è cupa e drammatica; lo stato d’animo dell’equipaggio è confuso, ansioso, impaurito di fronte a una malattia che induce apprensione e repulsione. Conrad con grande acutezza descrive in dettaglio il carattere di ognuno di loro riflettendo l’impatto imprevisto e devastante della tubercolosi sull’immaginario della società dell’epoca, letteralmente scioccante sulla vita quotidiana. Nell’ambiente ristretto della nave la malattia non è più dramma personale ma assillo collettivo scoraggiando, avvilendo e demotivando malato e compagni:
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“Non riuscivamo a sbarazzarci del mostruoso sospetto che quello strano negro si fingesse ammalato, che avesse evitato il lavoro senza alcuna pietà pur di fronte alle nostre fatiche, al nostro disprezzo, alla nostra sopportazione”.
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Alla fine sarà proprio la tempesta, grandiosamente descritta da Conrad, a far prevalere il sentimento di aiuto nei confronti del debole, prodigandosi tutti per salvare il poveretto ed anche la nave. E quando termina la tempesta e Jimmy, salvato prima, muore in maniera banale, la nave ritorna in maniera insignificante alla quotidianità, anch’essa banale.
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