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Dumas, Verdi, Puccini e la "Femme Fatale"

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E' un romanzo francese, "La signora delle camelie" pubblicato nel 1848, a sancire il definitivo successo letterario a dimensione europea del ‘mal sottile’. Ne è autore Alessandro Dumas figlio, che nel contesto della vita mondana parigina d’alto bordo, propria degli anni che precedono il ‘48 rivoluzionario, colloca la vita, gli amori e la morte per tisi di Marguerite Gautier. Cortigiana colta (frequenta teatri e rappresentazioni) e indipendente, soffre per la distanza morale che divide lei e Armando Duval, giovane insicuro, geloso, suscettibile che nel corso del romanzo si scopre essere sempre più innamorato di Marguerite, ma quando viene lasciato diventa crudele e si vendica.

Lo straordinario successo di pubblico di questo libro in Francia e fuori dalla Francia doveva ripetersi tre/quattro anni più tardi, quando la censura governativa concesse che quelle vicende venissero rappresentate anche a teatro.

Al di là dei meriti letterari de "La signora delle Camelie", la fama di quelle pagine dura ancora, grazie soprattutto alla trasposizione melodrammatica che ne fece Giuseppe Verdi con "La traviata", rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia nel marzo del 1853. La musica verdiana accompagna il libretto di Francesco Maria Piave che si ispira con qualche libertà proprio al già famosissimo testo di Alessandro Dumas figlio: Margherita diviene Violetta, Armand Duval diviene Alfredo Germont. Il tema della tisi, malattia romantica di moda, dalla quale è affetta Violetta, che ne morirà tra le braccia dell’amante, ispira a Verdi le più alte e patetiche pagine musicali della sua straordinaria carriera.

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La consacrazione artistica della tubercolosi doveva, però, realizzarsi definitivamente negli ultimi anni del secolo con la rappresentazione dell’indiscusso capolavoro di Giacomo Puccini, "La bohème" (1896). La gelida manina del primo atto e i colpi di tosse che squassano Mimì nel secondo preparano il patetico finale della morte per consunzione da ‘mal sottile’: tutta l’opera ruota attorno al tema della malattia incurabile e allo straziante crescendo degli accenni, dei segni, dei sintomi che la evocano continuamente in tutta la sua fatalità. Come sempre, amore e morte funzionano. Aggiungeteci una Parigi come la immaginavano e vagheggiavano i piccoli borghesi di tutt’Italia, la grande musica del compositore lucchese e il gioco è fatto. Ma la protagonista vera della Bohème non è Mimì: è la tisi.

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RODOLFO
Ebbene no, non lo son. Invan nascondo
la mia vera tortura.
Amo Mimì sovra ogni cosa al mondo,
io l'amo, ma ho paura, ma ho paura !
Mimì è tanto malata!
Ogni dì più declina.
La povera piccina
è condannata!


MARCELLO (sorpreso)
Mimì?

MIMÌ (fra sé)
Che vuol dire?

RODOLFO
Una terribil tosse
l'esil petto le scuote
e già le smunte gote
di sangue ha rosse...


MARCELLO (Vorrebbe allontanare Rodolfo)
Povera Mimì!

MIMÌ (piangendo)
Ahimè, morire!

RODOLFO
La mia stanza è una tana
squallida...
il fuoco ho spento.
V'entra e l'aggira il vento
di tramontana.
Essa canta e sorride
e il rimorso m'assale.
Me, cagion del fatale
mal che l'uccide!
Mimì di serra è fiore.
Povertà l'ha sfiorita;
per richiamarla in vita
non basta amore!


MARCELLO
Che far dunque?
Oh, qual pietà!
Poveretta !

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