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dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
Quando Stalin mandò Gor’kij da Mussolini
Il grande successo di Maksim Gor’kij nasce nel 1902 quando la rappresentazione teatrale a Mosca de “L’albergo dei poveri” lo fa diventare subito un vero e proprio eroe del proletariato.
Il padre del “Realismo socialista” inizia così la sua epopea di paladino dei poveri ma sgradito ai potenti. Incominciano subito le persecuzioni zariste: prima espulso dall’Accademia russa delle scienze (e le dimissioni dell’amico drammaturgo Anton Čechov), poi detenuto presso la fortezza di Pietro e Paolo a Pietroburgo e infine al confine in Crimea.
Nel 1906 appena libero di partire arriva negli Stati Uniti dove termina e pubblica in inglese “La madre”, il suo più celebre romanzo che gli procura fama universale. Poi Napoli, ospite dei socialisti italiani, e quindi la soleggiata e libera Capri, dove ha l’opportunità di sviluppare con serenità il suo estro creativo, sempre mettendo al centro delle sue opere la vita degli ultimi, dei vagabondi e degli oppressi.
“La madre” viene pubblicato in russo a Berlino nel 1907 e poi compare in Russia con notevoli tagli l’anno successivo. La versione integrale, con modifiche di contenuti e di stile dell’Autore, appare solo nel 1917.
La sua residenza di Capri “Villa Blaesus” (oggi Hotel Villa Krupp ) è un cenacolo di artisti, scrittori e politici, provenienti da tutta Europa. Nel 1908 arriva pure Lenin, proveniente da Parigi, curioso di conoscere questa scuola di rivoluzionari socialisti a cui Gor’kij ha dato vita; la “Scuola di Capri”.
Memorabile la famosa partita a scacchi contro Bogdanov (Alexandr Malinovskij), immortalata in una famosa foto, riprodotta su molti libri di storia. Memorabile a tal punto che ogni anno a Capri si tiene un torneo internazionale di scacchi intitolato a Vladimir Lenin e alla suo soggiorno sull’isola.
Nel 1913, grazie all’amnistia concessa dallo zar Nicola II per celebrare i 300 anni della dinastia Romanov, rientra in Russia e riprende i contatti con l’ambiente letterario e rivoluzionario. Lo scoppio della guerra nel 1914, prende parte alle iniziative che portano alla rivoluzione di febbraio 1917, all’abdicazione dello zar e al crollo dell’impero, ma non sostiene direttamente le attività dei bolscevichi e la conquista del potere da parte di Lenin, con la nascita della dittatura del proletariato. Nei suoi articoli sulla rivista Novaja Zizn’ (Nuova Vita) non sostiene apertamente l’improvvisa accelerazione nella conquista del potere, suscitando la disapprovazione dei bolscevichi e dello stesso Lenin:
“Lenin, schiavo del dogma, non conosce le masse popolari, non ha mai vissuto con loro: ma ha imparato dai libri in che modo manipolarle, e soprattutto, come scatenare facilmente i loro istinti”.
Con Lenin i rapporti rimangono comunque apparentemente cordiali, anche se non mancano divergenze espresse pubblicamente. Poiché la tubercolosi continua a tormentarlo, a minarne le forze, nel 1921 lo stesso Lenin gli consiglia di tornare a curarsi all’estero. Dietro questa attenzione da parte dell’amico rivoluzionario divenuto l’uomo più importante della Russia c’è la preoccupazione che il clima politico molto teso e le inevitabili lotte al Partito bolscevico avrebbero potuto avere qualche riflesso sullo stesso scrittore, non direttamente impegnato nella titanica fatica di costruire le fondamenta della società comunista, come facevano tantissimi altri artisti, soprattutto Vladimir Majakovskij.
Maksim Gor’kij accetta il consiglio e decide di tornare in Italia. Mussolini lo accoglie permettendogli di scrivere liberamente senza subire alcuna pressione. Ma non gli rilascia il visto per Capri, e Gor’kij decide quindi di stabilirsi a Sorrento. E curiosamente, anche per effetto di questa lunga permanenza, già dopo la rivoluzione bolscevica, negli anni 1924-1933, l’opera di Gor’kij rimase assai popolare anche in epoca fascista.
Purtroppo la sua tubercolosi polmonare peggiora sempre più; spesso riesce a malapena ad alzarsi. Ma è la compagnia degli artisti la sua vera medicina, gli fa dimenticare tutto, nessuno vede che è malato. Ama guardare il tramonto dalla terrazza, le luci scintillanti sul fianco del Vesuvio. Sa qui che può essere al sicuro, lontano dalla sua terra natia, dove è uno scrittore prestigioso ma sarebbe inevitabilmente solo.
La sua residenza “il Sorito” diventa il centro della vita culturale dell’emigrazione russa e di intellettuali, artisti e personalità di ogni sorta che visitano l’Italia. La polizia tiene d’occhio con discrezione l’abitazione sorrentina e l’ambasciata sovietica è attenta a sostenere e proteggere lo scrittore.
E’ rimasta famosa la lettera inviata «a Maksim Go’kij. Italia». La busta, giunta a destinazione, è riprova della popolarità dello scrittore in Italia e dell’efficienza dell’Ovra, la polizia fascista.
Ma in Unione Sovietica infuria la lotta per il potere scatenata da Stalin per il controllo assoluto della vita politica e culturale. Dov’è Gor’kij? Cosa fa? Che pensa della richiesta di sciogliere tutte le organizzazioni letterarie e le associazioni artistiche per dare vita ad un unico organismo, sotto la direzione e il controllo del Partito Comunista e quindi da parte del governo?
Vladimir Majakovskij si fa interprete di questa politica e sferra un duro attacco sull’assenza dello scrittore, sotto forma di appello per il suo rientro.
«Assai mi rincresce, compagno Gor’kij che non vi si veda nel cantiere dei nostri giorni. Pensate che da Capri da una collina si veda di più? Aleksej Maksimovič da dietro i vetri vedete ancora il planante falco? Oppure con voi ora stringono amicizia i biacchi striscianti nel giardino?»
Nel 1928 Gork’kij rientra nella Russia sovietica: visita fabbriche, scuole, canali navigabili, centrali elettriche, dighe, ospedali, prigioni, kolchozy e sovchozy, tiene conferenze, partecipa alla vita culturale. Scrive ampi resoconti di queste visite che pubblica sulle riviste sovietiche e che sono state utilizzate come propaganda dal regime, anche se in genere si tratta di ottima narrativa, pur se di circostanza. Visita anche il famoso gulag delle isole Solovki con numerosi intellettuali detenuti; un episodio su cui ancora si discute, a causa delle negativa testimonianza di Aleksandr Solženicyn.
La vita in Russia è difficile. Stalin scatena una nuova ondata di persecuzioni. Nel 1931 lo scrittore decide di tornare a curarsi a Sorrento nel 1931. Oltre alle ragioni di salute, ci sono sicuramente state motivazioni politiche, legale alla scelta dello scrittore di liberarsi dall’abbraccio soffocante del regime. Stalin gli concede di partire, sapendo che sarà ben controllato dalla polizia fascista. Dopo il suicidio di Majakosvkij, egli è la più alta autorità culturale in Russia, al pari di Thomas Mann per la Germania, Russell per l’Inghilterra, Fernando Pessoa per il Portogallo, e Benedetto Croce per l’Italia. Una parola contro Stalin avrebbe un’eco immediata in tutto il mondo e non facilmente si spegnerebbe quella voce senza che il dittatore ne esca indenne, nonostante l’immenso potere.
Si può parlare di una sorta di mal d’Italia per Gor’kij. Può raggiungere la costa Azzurra dove soggiornano centinaia di esuli russi, la Svizzera dei laghi salubri, ma preferisce Sorrento perché la località è poco frequentata dove conduce una vita appartata, dedito al lavoro. Un rapporto di polizia dell’epoca traccia con precisione le abitudini della famiglia.
Ma i tempi sono maturi per il definitivo rientro in patria. Stalin, che ha scatenato il terrore, ha bisogno del sostegno di un uomo dall’enorme prestigio, in Russia e all’estero. Nell’agosto del 1934 Gor’kij assume la presidenza dell’Unione degli scrittori e degli artisti: è la sede dell’elaborazione del realismo socialista, teoria ufficiale della cultura sovietica.
Ma lo scrittore non si lascia irretire e travolgere dalla furia staliniana. La narrativa gor’kiana non appartiene e non risponde agli stilemi del piatto e grezzo realismo, attinente più che altro a mediocri narratori. Partito dal post romanticismo e dal realismo, la sua prosa si distingue per la potenza del linguaggio e la scelta di ambienti e figure che rispondono alla Russia del tempo. L’invenzione narrativa è a sostegno della ricerca della verità, funzionale alla denuncia sociale.
La novità d'altronde era stata subito colta da Lev Tolstoj e da Anton Čechov, oltre che dalle nuove generazioni letterarie russe.
Gor’kij è tuttavia sempre più ammalato e si spegne nell’aprile del 1936. I funerali si trasformarono in una grande manifestazione politica. Le ceneri sono tumulate sulle mura del Cremlino, accanto al mausoleo di Lenin, dove ancora si trovano. La memoria di Maksim Gor’kij è alimentata dal Museo a Mosca che ne custodisce l’archivio e i cimeli.
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