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dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
Vincenzo (Enzo) fin da piccolo coltiva la passione per la musica e parallelamente agli studi liceali studia pianoforte. Negli anni ’50, giovane studente di Medicina, inizia a lavorare nei locali milanesi per “duemila lire e la pastina”.
Con Giorgio Gaber formerà il duo ‘I corsari’, ed intesserà un rapporto di amicizia profonda che durerà fino alla scomparsa dell’artista. Questi sono tempi di musica e di cabaret per Jannacci, tempi di successi e di rifiuti, di esaltazioni e delusioni. In una Milano in pieno fermento artistico si esibisce in diversi locali, anche per mantenersi agli studi: conosce Adriano Celentano, collabora con artisti come Cochi e Renato, Lino Toffolo, Massimo Boldi, canta insieme a Luigi Tenco. Ed è nel celeberrimo Derby di Milano, un palcoscenico in cui si faceva più cabaret che musica, che per la prima volta mette in evidenza le sue doti di intrattenitore.
Se ne accorge anche Dario Fo, che porta il giovane Enzo in teatro. Un’esperienza molto importante, che lo conduce verso una maggior “teatralità” delle sue canzoni, e a produrre brani di enorme successo, primo fra tutti “Vengo anch’io. No, tu no”, che rimarrà in vetta alla hit parade di Lelio Luttazzi per molte settimane.
Insieme ai primi successi arriva anche la Laurea in Medicina, – «ho fatto il medico perché mio padre voleva che imparassi cos’è la sofferenza e a star vicino alla gente» – seguita da una specializzazione in Chirurgia che Jannacci svilupperà in parte in Sudafrica, dove conosce e collabora con il famoso cardiochirurgo Christiaan Barnard (autore del primo trapianto cardiaco al mondo), e in parte negli Stati Uniti, dove soggiornerà per quasi quattro anni, affinando la sua innata capacità di chirurgo – «ho sempre avuto della buone mani da chirurgo» – dirà in una dichiarazione tarda. Poi il ritorno a casa, ad operare, migliaia di interventi… e ancora, per distrarsi, la musica, messa in disparte per un bel po’, ma mai abbandonata.
Così il successo si consolida ma non rinuncia alla sua professione. Nelle interviste si rivela come un medico sempre pronto a ricercare il rapporto umano con il paziente, dimostrando interesse per la salute di chi era finito sotto i suoi ferri ben oltre il periodo pre e post operatorio. «Perché ho scelto medicina? …per aiutare; è bella la medicina perché aiuti gli altri». Come medico di famiglia, con ambulatorio a Città Studi a Milano, aveva all’inizio come unici pazienti Teo Teocoli, Massimo Boldi e Renato Pozzetto, suoi compagni di cabaret al Derby. In realtà Jannacci ebbe pochi pazienti anche in seguito, perché non ne voleva di più di quelli che riusciva a visitare: era evidente che dietro quel medico che non visitava più di due pazienti al giorno volendo essere scrupoloso il giusto, proprio per non trascurare nulla, ci fosse la sensibilità di un artista grandissimo, capace di corti circuiti mentali che lo trasformavano all’improvviso nel personaggio popolare di ogni sua canzone.
La sua ecletticità lo porta a scrivere alcuni libri, il primo dei quali nel 1974 insieme ad un altro grande indimenticato milanese: il giornalista sportivo Beppe Viola, con il quale condivide sin dalla più tenera infanzia una stralunata, utopica e schizomorfa visione del mondo. Loro sembravano bizzarri: Enzo in un modo, Beppe nell’altro. Uno faceva il cantautore, l’altro il telecronista, però erano due uomini di grandissima cultura, erano proprio degli intellettuali.
Il libro descrive una girandola di situazioni paradossali, un umorismo a ruota libera e uno stile che fuoriesce da ogni logica e categoria di genere. Attraverso annotazioni di viaggi impossibili, rivelazioni di una città incredibile, storie di personaggi bizzarri, il duo formidabile Jannacci e Viola costruisce una prodigiosa macchina programmata per produrre discorsi a mezz'aria, “L’incompiuter” appunto, in grado di coinvolgere il lettore nel loro mondo ironico e divertito: un modello di humour travolgente e irresistibile. Un modo diverso di raccontare e leggere la realtà. Loro la leggevano con un’attenzione particolare, ma riuscivano a raccontarla in un modo unico. Questo libro è molto basato sull’assurdo.
Anche il titolo “L’incompiuter” gioca su questo; perché non è compiuto, perché nulla è compiuto, nessuna storia è conclusa. Inoltre giocavano con il fatto che ci fossero i primi elaboratori, i primi computer: quindi giocavano sulla modernità. Hanno voluto dar vita quindi a un gioco di parole tra l’incompiutezza e i computer.
Il libro, arricchito dalle illustrazioni di Amanda Paganini, si apre con l'originale della canzone "Quelli che", che era un adattamento di Viola da una poesia di Prévert e che poi sarebbe stata incisa da Jannacci con variazioni nel testo (e poi variata anno per anno in tutte le sigle di Quelli che il calcio, gestione Fazio).
La prima pagina di "Quelli che", riletta oggi, fa un certo effetto: normalmente ci sono testi che nascono realisti e con il tempo diventano assurdi. Questo invece era assurdo e con il tempo, mi pare, è diventato realista:
"Quelli che scrivono i libri perché hanno dei figli da mantenere,
quelli che dicono che bisogna andare a lavorare in Sud America,
quelli che vorrebbero mandare gli studenti a tirar su le patate,
quelli che credono che Mussolini è dentro di noi,
quelli che credono anche in Dio,
quelli che ti spiegano le tue idee senza fartele capire,
quelli che dicono la mia serva,
quelli che organizzano la marcia per la guerra,
quelli che Nixon lava più bianco
quelli che vogliono arruolarsi nelle SS,
quelli che perdono la guerra per un pelo,
quelli che si vantano di non aver mai pianto,
quelli che non si occupano di politica,
quelli che hanno la tessera,
quelli che la mafia non ci risulta,
quelli che quando sentono l'inno di Mameli,
..."
Altri versi scelti quasi a caso:
"quelli che hanno una missione da compiere,
quelli che sono onesti fino a un certo punto
quelli che nel loro piccolo
...
quelli che aspettano il tram né ridendo né scherzando,
...
quelli che da grande vogliono fare i disc-jockey,
...
quelli che ci sanno fare con le donne, ma anche con gli uomini
quelli che si guardano allo specchio e non gli sembra vero,
..."
Nota: Nixon stava al Dixan come Bush sta al Dash?
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Enzo Jannaci - produzione letteraria
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L'incompiuter, con Giuseppe Viola, Milano, Bompiani, 1974. [Ristampato nel 1994 come No tu no (ISBN 88-452-2156-3)]
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Enzo Jannacci. Un clown allampanato, fulmineo e folle, interviste a cura di Vincenzo Mollica, Poggibonsi, A. Lalli, 1979.
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Canzoni, con saggio di Gianfranco Manfredi. Roma, Lato Side, 1980.
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Sapessi com'è strano conoscere Milano, con Leonida Villani, Milano, Celip, 1984.
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Vengo anch'io! No, tu no, con Dario Fo e Fiorenzo Fiorentini, Roma, Gallucci, 2003. ISBN 88-88716-04-1.
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Parole e canzoni, Torino, Einaudi, 2005. ISBN 88-06-17620-X.
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