dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
i Naturalisti francesi
La cugina Bette ("La cousine Bette", 1846) è una dei 137 romanzi che compongono "La Commedia umana", l'opera che nelle ambizioni di Honoré de Balzac doveva descrivere in toto la società francesce dell'epoca.
Protagonista-martire de "La cugina Bette" è la baronessa Adeline Hulot, una dolce creatura moglie devota del barone Hector Hulot d'Evry, incorreggibile libertino che ha fatto venire in gioventù a Parigi dalla Lorena la cugina Lisbeth Fischer, una dura contadina priva di grazia e di mezzi. Zitella, invecchiata da parente povera all'ombra degli Hulot, la cugina Bette nasconde dietro un'apparenza devota un animo carico di rancore contro Adeline e la sua famiglia. Invidiosa della felicità della famiglia, Bette ordisce la vendetta e, coinvolgendo la signora Marneffe, donna avida e senza scrupoli, distrugge pace, reputazione e patrimonio delle due famiglie.
Però alla fine la signora Marneffe esce di scena con una morte atroce e infamante, e la famiglia Hulot riesce a superare la crisi finanziaria. Bette ancor più profondamente infelice muore di tubercolosi.
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Lisbeth, già profondamente infelice per la felicità che arrideva alla famiglia, non poté sopportare il lieto avvenimento. Peggiorò così rapidamente, che Bianchon le dette una settimana di vita: era stata fiaccata da quella lunga lotta durante la quale aveva avuto pur tante vittorie. Riuscì a tenersi dentro il segreto del suo odio anche durante la spaventosa agonia di una tisi polmonare.
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Questo sentimento affrettò la fine della cugina Bette, il cui corteo funebre fu seguito da tutta la famiglia in lacrime.
La letteratura romantica e poi quella veristica e crepuscolare si appropriano della tubercolosi e ne fanno un simbolo intellettuale dell'epoca: tisici gli autori, tisici i personaggi delle loro opere. La tubercolosi e l'amore diventano due elementi inscindibili: l'una malattia del corpo, l'altra malattia dello spirito.
Un esempio di personaggio afflitto da entrambi i mali è Fantine, figura tragica e patetica de "I miserabili" di Victor Hugo, pubblicato nel 1862. Sedotta da uno studente diventata prostituta per sostenere la piccola Cosette, e vive per strada. Quando un passante la scaraventa per terra sulla neve, la sua tubercolosi latente si aggrava:
"Abbiamo detto che non si ristabiliva: il suo stato pareva aggravarsi da una settimana all'altra. Quella neve infilatale fra le scapole nude aveva determinato una soppressione immediata della traspirazione, in seguito alla quale la malattia ch'ella andava covando da tanti anni finì col dichiararsi violentemente. S'incominciavano a seguire allora, per lo studio e la cura delle malattie di petto, le belle indicazioni di Laenner; il medico ascoltò Fantine e crollò il capo".
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"... poi entrò nella stanza di Fantine, s'avvicinò al letto e scostò le tendine. Ella dormiva: il respiro le usciva con quel penoso suono particolare di queste malattie, che strazia le povere madri quando, di notte, vegliano al capezzale del figlio condannato. Ma quella penosa respirazione turbava a stento una serenità ineffabile, diffusa sul volto di lei, che la trasfigurava nel sonno. Il suo pallore era diventato bianchezza, le gote porporine; le lunghe ciglia bionde, sola beltà che le fosse rimasta della sua verginità e della gioventù, palpitavano, anche chiuse e abbassate. Tutta la sua persona tremava, come scossa da un misterioso allargarsi d'ali ...."
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Fantine affida quindi la piccola Cosette a una famiglia benestante che puntualmente tradisce la sua fiducia, schiavizzando la piccola e impedendole di vederla. Così quando capisce che Cosette non le sarebbe stata mai riportata, straziata dal dolore muore e gettata in una fossa comune.
"Fantine dunque, seppur gravemente malata è tenuta in vita dal pensiero di riabbracciare la sua Cosette. Ma Valjean viene ritardato in questo suo intento dal processo in cui un altro sta per esser condannato all'ergastolo al posto suo. Non fa in tempo a riportare Cosette da Fantine: Javert smaschera Valjean davanti a Fantine, che quando sente che Cosette non le sarebbe stata mai riportata, spira, col cuore spezzato".
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“dopotutto ella era null'altro che una prostituta”
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"Fantine fu sepolta nella notte insieme alle ossa del primo venuto, subì la promiscuità delle ceneri; nella fossa pubblica, la sua tomba somigliò al suo letto".
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"Cos'è la storia di Fantine? È la storia di una società che compra una schiava. Da cosa la compra? Dalla miseria. Dalla fame, dal freddo, dall'isolamento, dallo squallore, dall'abbandono. Doloroso mercato! Un'anima per un pezzo di pane: la miseria offre, la società accetta".
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I miserabili - 1862
Victor Hugo
Anche Émile Zola, maestro del naturalismo francese, non poteva non descrivere la la penosa esistenza dei vicoli e dei sobborghi di Parigi, le viscere febbricitanti di una periferia malsana, malata, e in definitiva condannata. Tra questi la più conosciuta è Gervaise, protagonista de "L'Assommoir" del 1876 (in italiano "L'ammazzatoio" oppure "Lo scannatoio") che alla fine della sua desolata vita, in solitudine si dà all'alcolismo e si abbandona fino alla morte, nella miseria di un piccolo sottoscala, ultimo alloggio della donna.
"Gervasia aveva aspettato Lantier fino alle due del mattino, poi, tutta tremante per essere rimasta all'aria pungente della finestra in camicia, s'era gettata di traverso sul letto e si era assopita, febbricitante, con le guance umide di pianto"
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L'Assomoir - 1876
Émile Zola