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Boris Pasternak in un dipinto del 1910 del padre Leonid

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“Credo che non ti amerei tanto se in te non ci fosse nulla da lamentare, nulla da rimpiangere. Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.”

L'inverno 2020 ha sconvolto le vite di molti italiani e scombussolato il delicato equilibrio tra professione e servizio pubblico di molti medici e operatori della sanità: ospedali che chiudono, trasferimenti di sede e di città, nuove mansioni completamente diverse dalle precedenti, disagi per i pazienti cronici fidelizzati con anni di dedizione al proprio lavoro, e non ultimo, l'allontanamento dagli affetti familiari.

E così, la sera, quando non puoi prendere sonno, e la mente vaga in cerca di appigli, il corpo si alza del letto e va in soggiorno, gli occhi fissano la libreria e la mano si allunga ad abbracciare un vecchio amico: il libro.

Nella vita del dottor Jurij Andrejevič Živago, considerata oltremodo breve per i canoni contemporanei, muore senza essere nemmeno arrivato a 40 anni, succede di tutto, ma la sua esistenza rimane scandita dall’amore. Ama Tonja e ama Lara allo stesso tempo, anche se di due amori completamente diversi, e le perde entrambe per sempre e dolorosamente a causa della guerra. Il destino, la sua ineluttabilità e la forza cieca degli eventi storici sono il motore del romanzo, e separeranno il protagonista da tutto cioè che gli è caro. Alla fine lo estranieranno anche da sé stesso. Il mondo borghese di Živago, il giovane medico e intellettuale moscovita, viene travolto dalla rivoluzione e dalla guerra civile che come un fiume in piena sconvolgono la Russia, forze irrefrenabili che trascinano vorticosamente con sé gli uomini e inghiottono vite e destini.

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Ricordo la dedizione che mio padre nutriva per il dottor Zivago: per il romanzo, per il protagonista, per l’autore, per il film, per Omar Sharif, per la musica: il Tema di Lara. Nel 1956 Boris Pasternak termina la fatica della sua vita, un grande romanzo storico che abbraccia quarant’anni di storia patria, dalla rivoluzione del ‘17 alla fine della II guerra mondiale e che coinvolge tre generazioni di Russi. Ma l’opera è anche intensamente autobiografica e fortemente lirica.
Jurij Zivago, medico di professione, cresce tra i letterati; dotato di grande sensibilità, scrive poesie, si occupa di filosofia, frequenta ambienti letterari dove difende la propria autonomia spirituale al costo di contrasti con gli altri. All’inizio accoglie la rivoluzione come evento liberatorio, portatore di giustizia universale. Subito, però, quando la rivoluzione bolscevica assume il carattere “normativo” imponendo a tutti anche il modo di pensare, Zivago scappa, attraversa la Russia in fiamme (pagine bellissime queste) e si rifugia con moglie e figlio, in un villaggio degli Urali. Qui si innamora di Lara e accresce il suo tormento fra queste due donne che sono agli antipodi: Lara, l’amore-passione, la vita, la natura e Tonia, la moglie, simbolo della famiglia, della sicurezza del focolare.
Dopo alcuni mesi la sua vita è sconvolta, subisce gli eventi, non può estraniarsi: viene arruolato a forza come medico in un reparto di “rossi”, parte con loro ed entra ancor più nel vortice della guerra civile. Alla fine è solo: Tonja e i figli sono andati all’estero e Lara è lontana, il suo ricordo lo ossessiona: ormai è un uomo finito.
Torna a Mosca, vive una vita misera che tenta di migliorare sposando la figlia del portinaio. Ma tutto è perduto e presto anche la vita lo abbandona.
Nell’epilogo del libro il cerchio si chiude: gli amici di Zivago, ascoltando casualmente da una lavandaia il racconto della sua vita, scoprono che questa è la figlia di Jurij e Lara. Tutti i personaggi sono completamente immersi nel crogiolo della storia, della rivoluzione, della guerra civile. Zivago non è un rivoluzionario, ma neanche un controrivoluzionario; vorrebbe difendere il proprio “spirito” ma la forza della storia e delle
passioni lo schiaccia: la rivoluzione, Lara, le forze elementari della vita.
Il dottor Zivago non è un libro politico e non era l’intento di Pasternak: ma queste pagine liriche rappresentano un uomo che ha tentato, invano, di uscire dalla morsa della storia per conquistare la propria libertà, coltivare i propri pensieri, realizzare le proprie aspirazioni. Ecco quindi l’accusa di individualismo ed allontanamento della realtà socialista con cui il regime sovietico ha distrutto la vita di Pasternak, gli ha impedito di ricevere il Nobel e di pubblicare il libro in Russia per oltre trent’anni, fino alla perestrojka di Gorbaciov.

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