dott. Giuseppe Di Marco
Specialista in malattie respiratorie
Diagnosi e cura delle malattie allergiche
"II vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre".
Italo Calvino - Marcovaldo - 1963
Karl Rosenkranz - “Estetica del brutto" - 1853
Nel 1853 Karl Rosenkranz, stimato successore della cattedra di Kant a Königsberg, pubblica un curioso trattato: “Estetica del Brutto”.
Secondo Rosenkranz la malattia tende a suscitare il sentimento del brutto perché comporta sempre una trasformazione (o deformazione) nella regolarità del corpo sano: l’identità tra bellezza e salute costituisce infatti uno dei principî fondanti della sua estetica. Eppure, dopo aver presentato questa verità generale, il filosofo tedesco ammette l’esistenza di casi in cui la malattia pare addirittura abbellire l’aspetto di chi ne è colpito. La tisi, o etisia o consunzione polmonare, figura tra questi mali sottratti alla competenza del brutto:
La malattia provoca sempre il brutto quando deforma le ossa, lo scheletro e i muscoli. Essa è in genere causa di brutto quando altera in modo abnorme la forma: come nel caso dell’idropisia e simili. Ma non lo è quando, come nella cachessia, nell’etisia e negli stati febbrili, conferisce all’organismo quel colorito trascendente che lo fa apparire etereo. Il dimagrimento, lo sguardo bruciante, le guance pallide o arrossate dalla febbre possono far intuire in maniera ancor più immediata la presenza dello spirito. In quello stato lo spirito è già come separato dall’organismo. Il corpo nella sua trasparente morbidezza non ha già più significato di per sé, è in tutto e per tutto espressione soltanto dell anima che se ne distacca, indipendentemente dalla natura
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Questa anomala scelta di escludere la malattia polmonare dall’ambito della degenerazione e di escludere la tisi al dominio del brutto, assegna un valore di eccezione alla malattia che oggi chiamiamo tubercolosi, accogliendo implicitamente una connotazione della tisi ben consolidata nell’immaginario ottocentesco. La tisi è infatti un male di eccezione in virtù dell’eccezionalità che viene attribuita a chi ne è colpito. Il topos del lamento per la crudeltà di questa malattia, che arresta esistenze giovani e meritevoli, imperversa egualmente tra romanzieri e medici.
”L’estetica del brutto”, che si tratti di un saggio con pretese scientifiche o di un testo medico romanzato, esercitò grande fascino sulla cultura vittoriana caratterizzata dalla reciproca e visibile interferenza tra medicina e letteratura, che condividono il medesimo immaginario:
Terribile, insaziabile tiranno! Chi può arrestare la tua avanzata, o contare le tue vittime? Perché attacchi quasi esclusivamente i più belli e i più ammirevoli della nostra specie? ….. Per quale infernale raffinatezza hai escogitato di render sino ad ora vane le più importanti abilità della scienza, di sconcertare completamente gli insegnamenti dell’esperienza, e di renderti manifesta solo quando ti sei irrimediabilmente assicurata la tua vittima, e le tue zanne sono rosse del suo sangue? O angelo distruttore! Perché ti riproponi di abbattere così coloro che sono i primi della nostra umanità sofferente?
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In questa personificazione della tisi come tiranno insaziabile, risuona la crudeltà selettiva con cui questa malattia opera: il destino ineluttabile dei primi dell’umanità. Se esiste in una famiglia una persona più affascinante o più dotata delle altre, quello è l’individuo che sicuramente morirà di consunzione polmonare.
La convinzione che i soggetti che contraggono la tisi presentino con allarmante ripetitività straordinarie doti intellettuali, morali o estetiche inizia a essere formulata e sostenuta con insistenza nel corso del ‘700. E’ infatti allora che si creano i presupposti per promuovere un rapporto di reciproca causalità tra la malattia polmonare e la finezza d animo di chi soffre di una non comune sensibilità.
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Per questo motivo, nel 1761, un medico eminente come Samuel Auguste Tissot non inserisce la tisi nel volume dedicato alle patologie proprie della gente comune, ma la fa figurare trai mali della gente definita del gran mondo. E nel raro caso che il contadino contragga la consunzione, essa sarà una consunzione per così dire di second ordine, derivata dalla degenerazione di una di quelle comuni infiammazioni. Le classi indigenti sono immuni dalla tisi, malattia incompatibile con il contadino o il povero, due categorie che, per la loro inciviltà e insensibilità, sono prive di qualità eccezionali.
Nel 1785 il medico londinese Thomas Hayes afferma che a perire per mano della tisi sono gli individui migliori della società, gli uomini con i più grandi talenti e le donne dall‘aspetto più attraente e la sensibilità più spiccata, ciascuno colpito in ragione della particolare eccezionalità che esprime.
Nell’Ottocento si assiste a una universale insistenza sulla bellezza del malato di tisi. Che sia uomo o donna, in punto di morte il malato si trasforma in una creatura interessante e attraente: ogni accenno alla fisicità della sofferenza scompare dai tratti del volto, l’incarnato assume le sfumature di un pallore simile alla purezza infantile, gli occhi acquistano una lucentezza e un acume sconosciuti ai giorni della salute.
Inoltre chi attraversa le ultime fasi del male polmonare diviene oggetto di contemplazione estetica precisamente nel momento in cui il suo corpo si fa teatro della liminale compresenza della vita e della morte. La percezione della bellezza nell’etisia scaturisce dalla visibilità dello spirito garantita dall’assottigliamento trasparente di un corpo già proiettato nella morbidezza della morte.
La problematica mescolanza di vita e morte che la tisi esibisce sui volti morenti delle sue vittime ha spinto la medicina ottocentesca alla ricerca e contribuito significativamente alla nascita dello sguardo anatomo-clinico, caratterizzato da una paradossale coincidenza del sapere sulla morte e di quello sull’individuo.