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Figura complessa e affascinante del calcio paulista, Sòcrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, per tutti Sòcrates, nasce il 19 febbraio del 1954 a Belèm nello stato del Parà, da una famiglia molto modesta di origine cristiana maronita, fuggita dalla Terra Santa in seguito al bombardamento del proprio villaggio di origine. Primo di sei figli, frequenta il locale liceo per poi iscriversi all’università di San Paolo. Il padre Raimundo, autodidatta che legge Platone ed ama la cultura, attraverso un duro lavoro ed enormi sacrifici riesce a pagargli gli studi fino alla laurea in medicina, titolo che, oltre a dargli il soprannome di ‘Dottore’, sarà per lui la via maestra dell’emancipazione sociale.

Il campione che arrivò alla Fiorentina nel 1985 era l’acquisto che fece vivere ai tifosi il classico sogno estivo di trionfi e di Scudetto:  piedi raffinati, apprezzabile propensione al gol, ottima visione di gioco, 3 titoli del campionato paulista con il Corinthians e capitano della fortissima nazionale brasiliana di Zico, Falcao e Cerezo. 

Per uno che era abituato ad allenamenti blandi, magari a ritmo di musica, il benvenuto fu una durissima preparazione precampionato con Picchio De Sisti come allenatore. Non si inserì mai nella squadra, della quale rimase sempre un corpo estraneo. Durò solamente una stagione, molto deludente, e il sogno si trasformò in una delle più grandi delusioni subite dalla Fiorentina nella sua storia.

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D'altronde sin da quando muove i primi passi nel Botafogo di Ribeirão, squadra della sua città, fece capire a tutti che per lui il calcio è un hobby: la sua vita era lo studio. Tutti si accorgevano che in campo era fortissimo, imponente (192 cm e 80 kg), grande visione di gioco, abilità nel palleggio e negli inserimenti, tiro potente ed estremamente preciso e per una particolarità: gli piace colpire il pallone con il tacco e lo fa in un modo eccezionale. Ma comunque stabilì un accordo con i dirigenti del club: «Se mi mettete in prima squadra, al massimo posso venire in ritiro il giorno prima». E questo fu, e alla domanda sul perché i dirigenti accettarono, la risposta è stata: «era fortissimo». E così riuscì a laurearsi, indirizzo pediatrico, mentre giocava.

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Nel 1978 viene ingaggiato dal Corinthians, scende in campo 297 volte, segna 172 reti, diventa capitano e, leader in campo e fuori, instaura un regime passato alla storia come ‘Democracia Corinthiana’. In Brasile, in quel momento, c’è un forte dibattito, il Paese vuole uscire dalla dittatura. Sòcrates e compagni indicano la loro strada, da calciatori: le decisioni non verranno più calate dall’alto, verranno assunte collettivamente. Così negli spogliatoi si svolgono assemblee, si discute, si vota e insieme, in modo democratico, giocatori e staff tecnico (il direttore sportivo, Monteriro Alves, è un sociologo…) delineano la rotta da seguire mandando all’occorrenza l’allenatore a quel paese!. Questo meccanismo si estende sempre di più, fino a includere orari e metodi d’allenamento, acquisti, politica economica del club che parteciperà collettivamente anche alle iniziative contro la dittatura. Tradizionalmente considerato un mezzo di spoliticizzazione delle masse, attraverso l’esperienza della sua Democrazia, Sòcrates dimostrò a tutto il globo l’esatto contrario, facendo del calcio uno strumento di trasmissione di valori democratici, sia in campo che nel modo di gestire la squadra, oltre che un formidabile veicolo per reclamare diritti e libertà, (utilizzato, in questo caso, per combattere la dittatura dei colonnelli).

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Nel 1984, malgrado fosse all’apice della carriera, sconfitto politicamente per non essere riuscito a buttare giù la dittatura, come promesso, va via e approda a Firenze per quel suo ultimo sfortunato periodo da calciatore.

Dopo essersi ritirato nel 1988, torna nuovamente ad esercitare la professione di medico. Nella realtà visita quasi esclusivamente gli amici, tra i quali è noto con il soprannome di ‘O Bruxo’, lo stregone, per la capacità di fare diagnosi molto precise (ma anche perché gli piaceva fare delle profezie che molto spesso azzeccava…). Eclettico, dotato di una forte ma complessa personalità, continua a studiare per specializzarsi in medicina sportiva e in giornalismo, partecipa a corsi per diventare allenatore, inizia la carriera di commentatore sportivo, oltre ad incidere un disco, fare l’impresario teatrale ed avvicinarsi alla politica.

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Morirà, a soli 57 anni, la mattina del 4 dicembre 2011, all’ospedale Albert Einstein di San Paolo, dopo il terzo ricovero d’urgenza in pochi mesi, a causa di una serie di complicanze legate alla cirrosi epatica di cui soffriva da anni, provocata dall’alcolismo. In quello stesso giorno il Corinthians batte il Palmeiras e si laurea campione nazionale, esattamente come il ‘Dottore’, calciatore, politico e stregone aveva previsto già nel 1983:
«Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo», e così andò. Sócrates, medico, ma famoso per altre cose.

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