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la tisi nella letteratura inglese

Dickens
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Nella letteratura del '800 chi attraversa le ultime fasi del male polmonare diviene oggetto di contemplazione estetica precisamente nel momento in cui il suo corpo si fa teatro della contemporanea presenza della vita e della morte. Così il ritratto di Smike morente, nel romanzo "Nicholas Nickleby" (1839) di Charles Dickens, fa della tubercolosi la malattia che affina la vittima mescolando in modo inquietante la vita con la morte:

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“Vi è una temibile malattia che a tal punto prepara, per così dire, la sua vittima alla morte; che a tal punto la ripulisce degli elementi più volgari […] che giorno dopo giorno, e pezzo dopo pezzo, la parte mortale si consuma e si raggrinzisce; […] una malattia in cui vita e morte sono così bizzarramente mescolate, che la morte assume la lucentezza e il colorito della vita, e la vita la scarna e sinistra forma della morte”.

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Vai alla pagina dedicata  al Circolo Picwick di Charles Dickens e i riferimenti alla "Sindrome di Pickwick"

Bronte
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Nel 1847 “Cime Tempestose” (Wuthering Heights) scuote e spiazza la critica, colpisce per la sua crudezza e le sue scene di violenza, mescola generi letterari e piani temporali. Emily Brontë, che si firma come Ellis Bell, acuta osservatrice, attinge dalle storie della sua famiglia, da quelle sentite a scuola, dalle vicende del villaggio della canonica e dei suoi abitanti. Un microcosmo in cui si annidano terribili sentimenti che hanno una dimensione universale. Il suo romanzo parla di violente passioni, di energia crudele, di orrore, di lotta e di ribellione. Emily ha una perfetta conoscenza dei moti dell’animo umano e ha inquadrato la condizione delle donne del suo tempo imprigionate da un patriarcato violento che vuole silenziare la loro voce.

La madre muore tre anni dopo la sua nascita; e nel 1825 le sue sorelle più grandi Mary ed Elisabeth muoiono di tubercolosi, lutti che la segneranno nel profondo.

In Cime Tempestose un paio di pagine sono dedicate alla malattia e alla morte di Frances, la signora di Wuthering Heights, appena dopo esser diventata mamma.

… «È il più bel bambino che sia mai venuto al mondo! Ma il dottore dice che la signora deve morire, che già da mesi era ammalata di consunzione. Lo ha detto al signor Hindley; non c'è più nulla che possa salvarla, e morirà prima che sia giunto l'inverno!» …

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La signora Archer ha portato giù il cherubino al padrone e il viso di lui cominciava a illuminarsi di gioia, quando ecco quel vecchio brontolone farsi avanti e dire: «Earnshaw, è una benedizione che vostra moglie sia stata risparmiata perché vi desse questo figlio! Quando è arrivata tra noi ho subito avuto la convinzione che non avremmo potuto conservarla a lungo, e ora, vi devo dire, che l'inverno metterà fine alla suaesistenza. Non preoccupatevene oltre misura, e non state a dolervene troppo. È inevitabile. Avreste potuto pensarci di più prima di sceglierviuna ragazza così delicata!»

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La signora Archer ha portato giù il cherubino al padrone e il viso di lui cominciava a illuminarsi di gioia, quando ecco quel vecchio brontolone farsi avanti e dire: «Earnshaw, è una benedizione che vostra moglie sia stata risparmiata perché vi desse questo figlio! Quando è arrivata tra noi ho subito avuto la convinzione che non avremmo potuto conservarla a lungo, e ora, vi devo dire, che l'inverno metterà fine alla suaesistenza. Non preoccupatevene oltre misura, e non state a dolervene troppo. È inevitabile. Avreste potuto pensarci di più prima di sceglierviuna ragazza così delicata!»

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Quando Kenneth l'avvertì che al punto in cui era giunta la malattia i rimedi erano inutili e che non occorreva che lui continuasse ad addossarsi spese per le visite, Hindley rispose: «So che non occorre più che vi disturbiate, dottore, ora sta bene, e può fare senza le vostre cure. Non è mai stata ammalata di petto; si trattava di una febbre, ed è passata. Ha il polso calmo quanto il mio, e le guance fresche.»Disse le stesse parole anche alla moglie che sembrò credergli: ma una notte, mentre gli si appoggiava alla spalla, nell'atto di dirgli che sperava di potersi alzare l'indomani, fu assalita da un accesso di tosse, non molto forte; lui la sollevò nelle sue braccia; lei gli mise le sue intorno al collo, il suo viso mutò tutto: era spirata.

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Cime tempestose - 1847

Emily Brontë

Mansfield
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La vita di Katherine Mansfield cambiò per sempre quando nel 1902, a quattordici anni, si trasferì dalla Nuova Zelanda a Londra per studiare al Queen's College. Entrò così in contatto con i più grandi di scrittori del tempo e viaggiò per l'Europa continentale. Frequentò e divenne amica di Viriginia Woolf con cui condivise la casa editrice e che rappresentò la svolta totale nella sua carriera. La Woolf ammirava lo stile della Mansfield. Fu lei infatti da introdurla alla sua case editrice, la Hogarth Press, e commissionarle il famoso racconto “Preludio”. Altrettanto importante l’incontro con le opere di Anton Cechov, carpisce tutte le infinite potenzialità e possibilità del racconto attraverso il compito dello scrittore: porre domande. Inoltre da Checov è stata sicuramente influenzata la sua produzione di racconti brevi. E così supera gli stili narrativi degli scrittori inglesi della sua epoca considerati troppo materialisti e poco attenti all’ interiorità in favore dell’amore per la letteratura russa. 

La Mansfield aveva un dono originale che anche Virginia Woolf le invidiava: i suoi personaggi sono vivi, i dialoghi brillanti, le descrizioni vivaci: la capacità di raccontare con poche immagini un luogo come fosse una persona,  e uno stato d’animo come un temporale sono solo suoi.

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La malattia di Katherine Mansfield occupa spazio nel suo racconto a partire dal novembre 1917, quando si ammala di tubercolosi, minando la sua già cagionevole salute: soffriva, infatti, di malattia reumatica che le compromise il cuore. Le precarie condizioni fisiche si sovrappongono ad uno scenario drammatico, quello della Grande Guerra. Per le cure necessarie soggiorna a Bandol nel Sud della Francia, dove trova una città completamente devastata, per poi arrivare a Parigi, nel febbraio del 1918, che proprio in quei giorni inizia ad essere bombardata. I collegamenti tra la capitale francese e Londra sono interrotti e Katherine non può ritornare a casa. Questa permanenza di tre settimane peggiora la propria salute, ma la scrittrice, nonostante lo sconforto ed il costante pensiero della morte, non perderà mai la forza per continuare a lottare sino alla fine, il 9 gennaio 1923.

Nel 1927, John Middleton Murry, critico letterario e marito di Katherine , pubblica i "Diari di Katherine Mansfield", scritti che offrono una prospettiva dalla quale guardare la vita di questa scrittrice, passando da momenti di leggerezza, riflessioni, aneddoti che si trasformano in spunti per narrazioni, fino a passi intensi, persino drammatici, legati ad eventi che hanno segnato la sua esistenza.  Il suo diario si conclude il 10 ottobre 1922 con queste parole:

“Ho scritto queste pagine per me. Posso osare mandarle a J.? Ne può fare l’uso che meglio crede. Deve vedere quanto io l’amo.

E quando io dico Ê»ho pauraʼ, non ti crucciare, amor mio. Noi tutti abbiamo paura quando ci troviamo nella sala d’aspetto di un medico. Eppure, dobbiamo entrare là, se l’altro che resta può mantenersi tranquillo, è questo tutto l’aiuto reciproco che ci si può dare…

Tutto ciò mi sembra serio e audace. Ma ora che io ho lottato corpo a corpo con questi pensieri, ora tutto è finito. Mi sento felice…infinitamente felice. Tutto va bene”.

Lui stesso ha l'ultima parola sull'esistenza della scrittrice, e descrive le ultime ore della donna suggerendo che la perfezione estetica operata nel suo aspetto dalla tisi discenda direttamente dalla morte:

Arrivai nelle prime ore del pomeriggio del 9 Gennaio. Non ho mai visto né vedrò mai un essere più bello di lei quel giorno.  Era come se la squisita perfezione che rea stata in lei, l'avesse completamente penetrata. Per usare le sue  le sue stesse parole, l'ultimo granello di "zavorra". le ultime tracce di "degradazione terrena", si erano staccate da lei per sempre. Ma per questa purificazione aveva perduto la vita.

Alle dieci di sera, mentre saliva le scale per andare in camera sua, fu colta da un accesso di tosse ,che culminò in una violenta emorragia. Alle dieci e mezzo era morta.

 

E' passato quasi un secolo da quando nel 1853 Rosenkranz, nel suo saggio "L'estetica del brutto" scrive che:

«a percezione della bellezza nell'etisia scaturisce dalla visibilità dello spirito garantita dall'assottigliamento trasparente" di un corpo già proiettato nella "morbidezza" della morte» .

E sembrano 2 giorni !

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