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Interpretazione allergologica della Primavera di Botticelli

La “Primavera” è un dipinto di Sandro Botticelli realizzato nel il 1480 circa. Misura 314 x 203 cm, ed è esposto al Museo degli Uffizi a Firenze. Il dipinto venne eseguito per Lorenzo di Piefrancesco de' Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico, e per la prima volta descritto da Giorgio Vasari  che, nel 1550, lo vide accanto alla “Nascita di Venere”. Sempre il Vasari lo descrisse come “Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera”. Da qui il nome con cui è universalmente conosciuto
Come succede per i grandi capolavori dell’arte, i critici si sono sbizzarriti nei secoli a dare le più diverse interpretazioni del dipinto: sicuramente mitologica, probabilmente filosofica-neoplatonica, forse esoterica.

A me piace darne una interpretazione, diciamo così ….. allergologica.

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La scena si svolge in una radura ombrosa e tinteggiata di alberi di arancio, piante, fiori: una natura prettamente primaverile.  La composizione è armonicamente bilanciata con nove personaggi, i due maschili ai lati delle figure femminili, e al centro Venere sovrastata da un puttino.

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Zeffiro è la personificazione del vento primaverile che soffia da ponente. Innamorato della ninfa Cloris l’abbraccia, e la mette incinta soffiandole il vento fecondo della primavera. Cloris è una ninfa, dea della primavera e della natura che si risveglia.
Questa figura è un  chiaro riferimento alla "impollinazione anemofila" delle piante allergizzanti.

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Dopo la loro unione Cloris si trasforma in Flora che, in cinta, sparge per il giardino i fiori raccolti sul grembo.
Nella mitologia latina la ninfa greca Clori sposa di Zeffiro viene chiamata Flori, poiché la pronuncia latina ha modificato la lettera iniziale del nome, una "c" in una "f".

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Al centro dell'opera sta Venere che appare essere incinta e accennare ad un passo di danza. Venere è il simbolo della vita e della rinascita, in pratica di ciò che naturalmente accade ogni anno in Primavera.
Alle spalle di Venere lo spazio tra gli alberi formano una specie di nicchia che, in maniera molto chiara, appare avere la perfetta silhouette di una radiografia del torace in antero-posteriore.

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Ai piedi un vero e proprio “tappeto naturale”, con migliaia di fiori ed erbe realizzati in modo attento e veritiero, 190 piante diverse: un classico "prato maggese", quello che in primavera è fonte di pollini allergizzanti.

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A sinistra le "Tre grazie" che danzano in cerchio:  Tallo (la fioritura primaverile), Auso (il rigoglio estivo) e Carpo (la fruttificazione autunnale), a simboleggiare il ritmo delle stagioni.  Le Grazie presiedevano al ciclo naturale della vegetazione, aprendo e chiudendo le porte dell'Olimpo.
Al centro, in alto c'è Cupido (figlio di Venere), che vola nel cielo e con le sue frecce svolge il compito di far innamorare le persone. Il piccolo dio dell’amore sta per lanciare i suoi dardi verso una delle Grazie, probabilmente Tallo, la Grazia che presiede alla fioritura primaverile.

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A sinistra chiude la scena del dipinto l'ultima figura, Mercurio, il messaggero degli Dei, Dio della Medicina, colui che mette in comunicazione il nostro mondo terreno con quello ultraterreno. I suoi attributi simbolici sono il "petaso" (un tipo di cappello), i sandali alati e il caduceo, una verga con due serpenti intrecciati, adesso simbolo moderno della medicina. Come uno sciamano lo usa per sfiorare le e nuvole che minacciano la fine della primavera, tenendo lontano il maltempo dal meraviglioso giardino.

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Infine, concludendo, secondo questa lettura medico-allergologica, la visone completa del quadro rappresenta la crescita intellettuale e professionale del medico, con un percorso che, elevandolo, lo conduce dai meri sensi fisici (rappresentati da Zefiro-Cloris-Flora), grazie all’uso della ragione (le Grazie), a raggiungere la completa formazione intellettuale (Mercurio).

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